venerdì 31 gennaio 2014

Commento al Vangelo


Luca 2, 22-40
22 Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, 23 come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; 24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
25 Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; 26 lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. 27 Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, 28 lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
29 «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo 
vada in pace secondo la tua parola;
30 perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31 preparata da te davanti a tutti i popoli,
32 luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele».
33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34 Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione 35 perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
36 C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, 37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
39 Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Per comprendere questa pagina dobbiamo ricordarci che siamo all’interno del cosiddetto “vangelo dell’infanzia” di Luca, un racconto costruito sul parallelismo delle scene riguardanti Giovanni il battezzatore e Gesù. La narrazione non ha la pretesa di essere un resoconto storico, ma è un “condensato” teologico in cui i simboli diventano eloquenti sullo sfondo del primo Testamento.
Nel mettere in scena i genitori di Gesù che si recano a Gerusalemme col bambino per osservare la legge, Luca fonde e confonde due prescrizioni. La purificazione della sola madre si compiva 40 giorni dopo il parto, come previsto da Lv 12,2-8 con l’offerta di due tortore o colombe quando la donna era troppo povera per permettersi un agnello. La consacrazione del primogenito ricordava la liberazione dall’Egitto e se i primogeniti del bestiame erano offerti a Dio, i primogeniti degli uomini erano riscattati, come previsto da Es 13,1.11-16.
A Luca non interessa tanto la precisione del riferimento cultuale, quanto sottolineare più in generale l’obbedienza alla legge (cf. 2,22.23.24.27.39), per ribadire  che la vicenda di Gesù cresce nel solco dell’Israele fedele all’alleanza. In questo solco Simeone e Anna, un uomo e una donna anziani, custodi di memorie e di speranze, come una nuova coppia delle origini simboleggiano il giudaismo migliore, l’Israele fedele e mite che attende, riconosce e gioisce per i segni poveri in cui Dio ancora  si manifesta. Questo uomo e questa donna sono simboli di un popolo che, carico di tutte le promesse e di tutti i sogni del passato, vede brillare la nuova luce (2,32), la accoglie con gioia e la diffonde con la personale testimonianza (2,38).
La capacità di vedere non dipende da eventi strabilianti che attirano l’attenzione o si impongono con forza, ma scaturisce dalla fedeltà al movimento dello spirito (cfr. 2,25.26.27), a quell’alito divino nel quale ci muoviamo e che sarà la guida sicura di Gesù in tutta la sua vita (cfr Lc 3,22; 4,1.18; 10,21).

Simeone è descritto come un uomo giusto, come un vero credente che è messo in movimento dal respiro di Dio, che va incontro per accogliere tra le braccia, perché la fede non è condivisione di un’idea, ma incontro e abbraccio con una realtà viva, con una persona.
Della profetessa Anna (“grazia”) si dice che è della tribù di Aser (che vuol dire “beato, felice”) e che è figlia di Fanuel, nome che significa “volto di Dio”. Questi nomi evocano una benedizione divina che solo apparentemente sembra smentita dalla condizione di vedovanza di Anna. Questa condizione è un richiamo alla situazione di mancanza e di povertà del popolo dopo l’esilio ed esprime l’attesa della venuta dello sposo, che in tutta la bibbia è un’immagine forte per parlare di Dio.

Ancora un particolare ci colpisce. Nel comporre il parallelismo tra il Battista e Gesù, Luca aveva richiamato la profezia di Malachia per descrivere Giovanni come colui che “camminerà innanzi al Signore con lo spirito e la potenza di Elia” (1,17; cfr. Ml 3,23-24) prima che venga il giorno grande e terribile. Egli è compreso  come il messaggero inviato a preparare la via, perché “subito entrerà nel suo tempio il Signore” (interpretato come Dio o il suo Messia; cfr. Ml 3,1).
Luca costruisce la scena del primo ingresso di Gesù al tempio senza riportare una scena corrispondente relativa a Giovanni, evocando in tal modo la pagina di Malachia. Così facendo crea un contrasto stridente tra quella venuta terribile, a cui nessuno potrà resistere, perché sarà come il fuoco del fonditore e la lisciva del lavandaio (cfr. Ml 3,1-5) e questo ingresso nel tempio, così discreto e pacifico, di un bimbo portato in braccio da fedeli osservanti, di un figlio di poveri che offrono solo due colombe.

Nella scena della presentazione al tempio è come anticipato simbolicamente lo stile di vita di Gesù. Egli è un figlio di poveri, un essere marginale come tutti i bambini di quel tempo, ancora incapace di parlare, nel quale tuttavia due anziani riconoscono la salvezza che viene da Dio. Questo è immagine dell’agire stesso di Dio, che sempre si fa conoscere attraverso persone marginali, troppo giovani come Geremia, dimenticate nei campi come Davide, balbuziente come Mosè. Dio irrompe nella storia attraverso ciò che è inadeguato, piccolo, povero, non attraverso manifestazioni di potenza. E’ la logica del Regno, che sarà il cuore della predicazione di Gesù. Colui che sarà il grande portavoce di Dio entra nel tempio come un bambino, figlio di poveri.

Anche questo racconto che, come quello della nascita, sembra descrivere l’irrompere irresistibile della luce, l’ingresso strabiliante di Gesù nella storia, si conclude in maniera discreta, con il ritorno alla vita ordinaria e semplice di Nazaret, lontano dai fasti del tempio e di Gerusalemme. Sì, perché è nel quotidiano che Gesù va riconosciuto e preso tra le braccia. E’ nell’ordinaria e silenziosa vita di Nazaret che la luce può alimentarsi, il seme crescere e fruttificare, come anche Gesù è cresciuto in età, sapienza e grazia, diventando quello che i discepoli hanno poi riconosciuto, seguito e testimoniato.
Come Simeone e Anna, anche noi siamo invitati a riconoscere oggi, in segni piccoli e umili, i sentieri che portano a Dio e a muoverci seguendo ogni giorno quelle tracce, e non i nostri bisogni di trionfalismo, rimanendo fedeli alla via che Gesù ci ha tracciato incominciando dai giorni semplici di  Nazaret.

Dorina e Fiorenza

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