Documento politico
La diversità è un diritto, l'uguaglianza è un dovere
Le rivendicazioni della realtà LGBTTIQ (Lesbica, Gay, Bisessuale, Transessuale, Transgender, Intersessuale, Queer) sono molteplici ed ancora e purtroppo inascoltate, soprattutto nel nostro Paese dove non esiste praticamente alcun tipo di riconoscimento di diritti. Il Pride è una delle maggiori occasioni per esprimere fermamente, anche con rabbia, che vogliamo gli stessi diritti; attraverso il Pride diamo forma e voce alle nostre richieste, tuttora disattese. Quest’anno abbiamo deciso di porre l’accento sulla questione dell’Uguaglianza e del Diritto. Un tema che non mette in ombra la pluralità delle nostre rivendicazioni ma che anzi in qualche modo le comprende tutte.
Lo slogan di quest'anno punta l'attenzione su due aspetti, distinti ma complementari. Da una parte la rivendicazione del diritto alla diversità, ovvero all'autodeterminazione di scelte orientamenti e caratteristiche personali, in altre parole il diritto di ognun@ di noi di vivere la propria vita come meglio crede, se questo non sortisce effetti negativi diretti e/o indiretti sul gli/le altri/e. Dall'altra il riferimento alla necessità che le istituzioni, a tutti i livelli, diano corpo e sostanza al principio di uguaglianza, espresso a chiare lettere dalla costituzione italiana e come ben approfondiamo qui di seguito.
Nel quadro politico italiano il mancato riconoscimento di diritti oltre ad essere una contraddizione sociale e cultuale è ben distante da quanto espresso dall’articolo 3 della Costituzione Italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. L’articolo 3 è sicuramente uno dei principi più significativi della Costituzione Repubblicana: esso è il portato dei valori che discendono dalla rivoluzione francese (Liberté, égalité et fraternité) e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La proclamazione del principio di uguaglianza segna una rottura decisa nei confronti del passato, quando la titolarità dei diritti e dei doveri dipendeva dall’estrazione sociale, dalla religione o dal sesso di appartenenza. Nell’articolo 3, bisogna distinguere il primo comma che sancisce l’uguaglianza in senso formale, dal secondo che riconosce l’uguaglianza in senso sostanziale.
Nell’uguaglianza “formale” trova espressione la matrice liberale della democrazia Italiana, in quella “sostanziale” si rivela il suo carattere sociale. Uguaglianza formale vuol dire che tutti sono titolari dei medesimi diritti e doveri, le varie specificazioni «senza distinzioni di» furono inserite affinché non trovassero posto storiche discriminazioni per porre fine l’affermazione di un’uguaglianza “senza distinzioni di sesso”. Così, l’uguaglianza «senza distinzioni di razza» serviva a preservare l’ordinamento costituzionale, mettendolo al riparo dall’infamia delle leggi razziali. Tuttavia, la nostra Costituzione non si arresta al riconoscimento dell’uguaglianza formale: essa va oltre assegnando allo Stato il compito di creare azioni positive per rimuovere quelle barriere di ordine naturale, sociale ed economico che non consentirebbero a ciascuno di noi di realizzare pienamente la propria personalità.
Questo passaggio concettuale è pregnante, poiché consente di affermare che le differenze di fatto o le posizioni storicamente di svantaggio possono essere rimosse anche con trattamenti di favore che altrimenti sarebbero discriminatori. Attraverso l’uguaglianza sostanziale, lo Stato e le sue articolazioni si assumono l’impegno di rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Il compito dello Stato quindi è quello di agire concretamente per metter tutti nelle stesse condizioni di partenza, dotando ognuno di pari opportunità per sviluppare e realizzare pienamente e liberamente la propria personalità. Il carattere aperto del principio di uguaglianza ha consentito alla giurisprudenza della Corte Costituzionale di adeguare continuamente il quadro dei diritti e dei doveri all’evoluzione economica e sociale del nostro Paese.
Il principio di uguaglianza è stato declinato in un generale divieto di discriminazione; si discrimina quando si trattano in maniera uguale situazioni diverse, ovvero quando si trattano in maniera diverse situazioni uguali. La disparità di trattamento è consentita solo quando le differenze sono stabilite dal legislatore in modo ragionevole e obiettivo. Attraverso il canone della ragionevolezza, vero cuore del principio di uguaglianza, i divieti di discriminazioni sono stati estesi, per via giurisprudenziale, agli orientamenti sessuali, all’appartenenza a una minoranza, all’handicap, all’età. L’uguaglianza è quindi un obiettivo tendenziale che deve essere difeso e tutelato soprattutto quando, come oggi, esso risulta al centro di un attacco incrociato, sia nella sua accezione formale che sostanziale.
Vogliamo ricordare qual è il significato del Pride. La “rivolta di Stonewall” vide una serie di violenti scontri fra la comunità omosessuale e la polizia a New York, culminati il 28 giugno 1969 a seguito dell’ennesima irruzione violenta e immotivata della polizia in un bar gay in Christopher Street (nel Greenwich Village) chiamato Stonewall Inn. Stonewall è considerato dal punto di vista simbolico il momento della nascita del movimento di liberazione lesbico, gay, bisessuale e trans moderno in tutto il mondo e il 28 giugno è stato scelto come data della “Giornata mondiale dell’orgoglio LGBT” o “LGBT Pride”; esso equivale al nostro 27 Gennaio (Giornata della Memoria), al nostro 8 Marzo (Festa della Donna), al nostro 25 Aprile (Festa della Liberazione), al nostro 1° Maggio (Festa del Lavoro) e merita anch’esso lo status di celebrazione. Quest’anno nella ricorrenza dei 45 anni della “rivolta di Stonewall” abbiamo voluto dare ancora più forza alle nostre rivendicazioni con un “Onda Pride” che attraverserà tutta l’Italia.
Sottolineiamo con forza il carattere commemorativo e al tempo stesso festoso del Pride, rivendicando come valore positivo l’aspetto folcloristico e carnevalesco della parata, con tutti i suoi eccessi colorati e trasgressivi. Quest’anno vogliamo proprio richiamare l’attenzione delle persone sull’origine storica, liberatoria ed egualitaria del carnevale: unico momento dell’anno in cui, fin dall’antichità, tutti gli esseri umani erano considerati uguali, ed anche agli ultimi era consentito dileggiare e sbertucciare i potenti, con scherzi anche pesanti e con atteggiamenti fortemente trasgressivi, celati dal mascheramento e dal travestimento.
Grazie alle lotte che il mondo LGBTTIQ ha condotto negli anni trascorsi da quegli eventi drammatici oggi possiamo registrare una mutata attenzione, sia sul piano nazionale che su quello internazionale, da parte dell’opinione pubblica, dei mezzi di comunicazione e del ceto politico, nei confronti delle istanze avanzate dal movimento, ma tali aperture non corrispondono ancora alle nostre aspettative. Anche se abbiamo ben presente che gli interessi partitici o di potere potrebbero trarre in inganno rispetto alla reale apertura della politica, e aspettiamo la prova dei fatti per giudicarla, riteniamo che il riconoscimento delle istanze del movimento sia un fatto compiuto. Per questo si pone il bisogno per l’associazionismo LGBTTIQ di aprirsi ad un confronto più ampio e permeabile alla società civile per abbattere, attraverso un costante dialogo con tutte le sue componenti, le barriere ed i pregiudizi che ancora pesano sull’universo LGBTTIQ. Le nostre istanze non sono più minoritarie nello spirito dei tempi che stiamo vivendo. Questa considerazione potrà apparire eccessivamente ottimistica, ma crediamo che sia necessario alimentare costantemente la speranza in un mondo migliore.
Un ultimo aspetto sul tema del diritto e dell’uguaglianza ILGA Europe (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Iintersex Association) assegna all’Italia nel ranking dei diritti un 19% contro il 77% del Regno Unito. Nel report 2013 il capitolo italiano viene introdotto con queste parole: "Sviluppi positivi in Italia derivano principalmente dalle decisioni giudiziarie, piuttosto che iniziative legislative, in gran parte a causa della mancanza di volontà della classe politica di rispondere alle chiamate della comunità LGBTI per aprire la discussione intorno all’uguaglianza del matrimonio o di altri diritti. E’ preoccupante che l'Italia continua ad avere un livello relativamente alto di omofobia e transfobia che si esprime attraverso la violenza. Nel corso dell'anno, tre donne trans sono state uccise mentre diverse altre persone LGBTI sono rimasti gravemente feriti."
Non è solo di questione di leggi che mancano dunque. Viviamo in un paese ancora assurdamente omofobo sul piano dell’accesso ai diritti siamo quindi avvicinabili in modo negativo a paesi quali Turchia 14%, Bulgaria 18% e lontani da paesi che per stereotipo pensiamo “lontani dal diritto ugualitario” Ungheria 55%, Romania 31%.
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