DONNA, GRANDE E’ LA TUA FEDE
(Matteo 15, 21-28)
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò
verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da
quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia
figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una
parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono:
«Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato
mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si
avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli
rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È
vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che
cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande
è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu
guarita.
Quando circa 60 anni fa affrontai la lettura e l'interpretazione di questa
pagina di Matteo per la prima volta, provai un profondo disagio; anzi un vero
scandalo. Lessi anche la pagina parallela del Vangelo di Marco, ma anch'essa mi
sembrò dura e inaccettabile.
Come poteva Gesù, che allora per me era ancora Dio, essere così sgarbato,
arrogante e quasi sprezzante nei toni e nel comportamento verso questa donna così
bisognosa di aiuto e così umile ed audace? Non avevo il coraggio di manifestare
questo scandalo e non disponevo di strumenti che mi aiutassero in una
interpretazione storica e liberante.
Il mio professore di Sacra Scrittura attendeva con ansia di diventare
vescovo e le sue lezioni erano prive di penetrazione, di passione, di calore,
di comunicazione. Arrivava fresco di laurea dalla Gregoriana, ma l'insegnamento
delle Scritture non era davvero il suo " pezzo forte".
Mi portai nel cuore questo "nodo" finché un giorno, ormai
diciannovenne, accolto affettuosamente dal mio rettore di seminario a
colloquio, osai porre la domanda che tanto mi inquietava. La sua risposta fu
chiara: " Vedi, Gesù da principio ha trattato così male questa donna per
metterla alla prova, per verificare la realtà della sua fede. Poi, vista la sua
grande fede, la esaudì e acconsentì alla sua richiesta".
Devo ammettere che la risposta mi sembrò interessante ed ingegnosa, ma
altrettanto poco convincente. Fu negli anni dal 1965 al 1980 che,
familiarizzando con i metodi storici e critici e affacciandomi alla scoperta
del Gesù ebreo, maturò in me una lettura biblica ben diversa.
La pagina evangelica, come moltissimi studi documentano, presenta Gesù come
un uomo ebreo del suo tempo, con i suoi limiti culturali e non privo dei
pregiudizi tipici della sua tradizione. E' sempre molto difficile renderci
conto della storicità di tutti i personaggi della Bibbia.
Forse la costruzione di questo "racconto" evidenzia che anche
Gesù ha dovuto ripensare le sue relazioni, superare delle barriere,
convertirsi.
Per Matteo Gesù è "descritto in movimento in direzione di Tiro e
Sidone, ma non è detto che raggiunga tali città. Al contrario, si dice che la
donna era uscita da quei confini. Gesù e la donna si incontrano, per così dire,
a metà strada tra terra di Israele e territorio "Cananeo", cioè
pagano: entrambi sono accomunati da un movimento di uscita. Eppure è la donna
che varca il confine, non Gesù, è la donna che prende l'iniziativa, che gli va
incontro e lo riconosce come il Messia" ( Alberto Mello, Matteo, pg 282).
Forse, con un tono eccessivamente enfatico, commentando nel 1981 questa
pagina, scrissi che la donna cananea fu quella che convertì Gesù. In ogni caso,
ella offrì a Gesù una singolare opportunità di ripensamento e Gesù offrì a lei
la testimonianza di chi sa ascoltare la voce di Dio attraverso il grido degli
oppressi/e.
LI ACCOMUNA UN
MOVIMENTO DI CONVERSIONE
In ogni caso, sia il racconto di Marco che quello di Matteo mettono in
evidenza due persone coinvolte nel cammino di conversione. "Nessuno nasce
imparato", recita il proverbio. Le Scritture ci svelano che nessuno è mai
totalmente convertito. La conversione, come scoperta ed accoglimento della
chiamata di Dio, caratterizzò tutta la vita di Gesù di Nazareth. Egli, nel
coraggio, nella fede, nell'audacia travolgente ed intelligente di questa donna
percepì un segno, un invito, uno scossone che non poteva ignorare. Gesù ha
sputo ricredersi, accogliere, andare oltre le abitudini, i pregiudizi e le tradizioni.
Come per Gesù, anche per la donna non fu facile uscire dai confini della
sua cultura del silenzio, della sottomissione e della marginalità. Tradusse il
suo bisogno e la sua disperazione in una iniziativa di inaudito coraggio. Si
mosse da casa gridando tanto da richiamare l'attenzione dei discepoli,
venne a prostrarsi ai piedi di Gesù e non cessò di demolire ad uno
ad uno gli argomenti e i pregiudizi del "Figlio di Davide", il
profeta di cui aveva tanto sentito parlare...
Da donna abituata a tacere , diventa profetessa di giustizia, vuole essere
presa sul serio, ascoltata..
La Bibbia ci dà testimonianza di molti percorsi di conversione. Si tratta
sempre di svolte, di cambiamenti in profondità delle nostre vite, anche se
graduali e spesso a piccoli passi. Così fu per Gesù e per la donna cananea.
DUE ULTERIORI
ANNOTAZIONI
Il brano, secondo molti studiosi/e, risente del forte dibattito interno
alle comunità delle origini. Il "racconto" di Gesù che
progressivamente apre ai "pagani" serve all'autore- redattore del
Vangelo nel suo intento di sostenere che tale allargamento e tale inclusività
appartenevano in radice alla prassi concreta di Gesù.
"In secondo luogo, l'episodio ci
ricorda che i membri di gruppi disprezzati e oppressi devono essere audaci nel
cercare la liberazione dalla loro miseria" (Hare Douglas, Matteo,
Claudiana, pg 183).
In questo tempo solo una fiducia profonda e radicale
in Dio può fare in modo che l'alberello della nostra speranza e della nostra
perseveranza non si dissecchi e continui a portare frutto.
don Franco Barbero
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