+ Dal Vangelo secondo Matteo
(22, 1-14)
In quel tempo, Gesù, riprese a
parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno
dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli
mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano
venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati:
“Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono
già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono
e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi
servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue
truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi
disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano
degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti
quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di
commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non
indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza
l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo
mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di
denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Sono molti gli spunti su cui riflettere leggendo questa
pagina ma, vorrei proporre il commento
al Vangelo di padre J.Maria Castillo in quanto esprime molto meglio di me
quello che sento in questo momento della mia vita. Io avrei sprecato molte
parole per dire peggio quello che lui riesce a dire in poche frasi. Il mese
prossimo mi applicherò solo personalmente.
Sergio
1. Non è possibile
comprendere questa parabola, se non consideriamo quello che rappresentava nelle
culture antiche il “simposio”, il banchetto festivo che si celebrava, a partire
dal mondo ebraico fino al mondo romano, passando per la cultura dei greci
(Dennis E. Smith). I biblisti de officio sono soliti fare resistenze rispetto
all’influenza che il “simposio” antico ha avuto nelle origini dell’eucaristia.
Ma i dati storici stanno lì. E rifiutarsi di accettare tali dati produce
l’impressione di un certo “fondamentalismo biblico” che resiste ai fatti che
hanno vissuto i primi cristiani.
2. Detto ciò, è certo che Gesù ha offerto il
Regno, prima di tutto, agli emarginati attraverso la sua mensa di fraternità.
Si tratta di questo: per molti studiosi la convivialità con gli esclusi sociali
è qualcosa di essenziale in tutta la ricostruzione storica del Gesù storico che
vuole essere valida. Per esempio, J. D. Crossan afferma categoricamente: “La
mia teoria è che la magia ed il pasto o il miracolo e la mensa…offrono il
nocciolo del programma di Gesù. Se non fosse certa questa teoria, dovrei
riscrivere tutto il libro (The historical Jesus)”. Cioè, se togliamo dai
vangeli i pasti di Gesù, tutto quello che in essi si dice perde il suo senso ed
il suo significato per noi. Noi cristiani dobbiamo essere tali proprio
condividendo il banchetto del pasto condiviso con coloro che accettano di
partecipare a una tale mensa, i quali, secondo la parabola, non sono i ricchi,
ma gli esclusi sociali.
3. Nei tempi difficili che stiamo vivendo, quando tanti
milioni di esseri umani non hanno accesso all’elemento più elementare che ci
richiede la vita, la salute e l’alimentazione, superando qualsiasi forma di
esclusione nella società, Gesù dice a noi cristiani – e lo dice alla Chiesa –
che l’elemento centrale del Regno di Dio è la convivialità. Cioè la mensa
condivisa con quelli che non possono condividere nulla di più delle loro
privazioni, delle loro esclusioni, delle loro insicurezze e delle loro paure.
Così, solo così potremo fare qualcosa perché questo mondo sia più abitabile.
Questo è l’apporto che il Cristianesimo deve dare in questo momento
all’umanità.
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