Cara Benedetta Selene Zorzi, il presente è segnato da avvenimenti violenti e dolorosi. Sembra un
lusso che io venga a ragionare con te su quello che è o non è il cosiddetto pensiero della differenza
sessuale. Però, in quegli avvenimenti si tratta ancora e sempre del corpo delle donne, e non solo
quando c’entrano donne in prima persona: anche quegli uomini che annegano miseramente o sono
ferocemente uccisi, per venire al mondo hanno lasciato un corpo femminile che li ha albergati in
amore e sicurezza.
Anni fa, alla Scuola estiva di Lecce, hai sostenuto la tua contrarietà al pensiero della differenza. Il
frutto delle tue ricerche di allora è ora un libro, Al di là del ’genio femminile’ (Carocci), recensito da
Paolo Ercolani su il manifesto del 4 ottobre in cui, tra altre cose, ribadisci quella tua posizione
e affermi che il pensiero della differenza sarebbe incapace di superare la logica binaria che esclude
la possibilità dell’«altro».
Protesto vivamente contro quest’affermazione. Il senso che c’è altro è nel patrimonio genetico del
pensiero della differenza. Tu naturalmente puoi avere dei buoni motivi per pensare quello che pensi,
ma l’argomento critico che porti è sbagliato e semina confusione.
Che cosa diresti, tu che sei teologa, a uno che rifiuta il cristianesimo perché sarebbe una religione
politeista? Gli diresti che essere cristiano è nella sua libera scelta ma che la sua idea è sbagliata perché
le tre persone divine non sono tre divinità. Forse, gli diresti anche che c’è un’autorevole tradizione
che ha sempre visto nel cristianesimo una religione monoteista.
Il pensiero della differenza ha ispirato fin dagli inizi il movimento femminista della seconda ondata.
Il femminismo americano, che aveva il dono della comunicazione energica, diceva: maschio occidentale
bianco borghese di mezza età, ti credi l’uomo per eccellenza, guarda che ti sbagli, c’è altro, ci
sono altri e altre, e te ne accorgerai.
Come pensiero politico e filosofico è già in Carla Lonzi, ed è stato poi ampiamente tematizzato da
Luce Irigaray. Lo hanno sviluppato, in Italia, Marisa Forcina che ha fondato la Settimana di Lecce
e ha scritto la voce Differenza sessuale per l’enciclopedia filosofica Bompiani; la comunità filosofica
Diotima dell’Università di Verona, il cui grande seminario che si aprirà il 10 ottobre tornerà su questo
tema; Ida Dominjanni che lo ha fatto sulle pagine stesse del manifesto e in molte altre sedi;
recentemente, Giusi Zanardo e Riccardo Fanciullacci dell’Università di Venezia, che hanno curato
Donne, uomini. Il significare della differenza (Vita e Pensiero, 2010), Lia Cigarini intervistata da
Luisa Cavaliere, C’è una bella differenza (et al., 2013). Devo fermarmi.
Secondo me una causa maggiore di confusione è nel linguaggio che parla di differenza come se fosse
qualcosa che sta tra donne e uomini spartendo l’umanità in due. Mi chiedo se la tua critica di «pensiero
binario» non venga da una confusione di questo tipo. La differenza non è tra. Essa è in me, mi
è interna e immanente, mi impedisce di identificarmi con quella che sono, mi mette in relazione con
quella che non sono. Non c’è un’identità sicura e stabile nell’essere chiamata donna, e in questo si
comincia finalmente a vedere un pregio.
Io ho accettato di essere identificata come donna con una vera e propria decisione politica, che ha
coinciso con l’impegno per un senso libero della differenza sessuale. A rigore possiamo aggirare il
nostro chiamarci donne/uomini, così come si può non misurarsi con l’imposizione biologica della sessuazione.
Ma si può veramente? È una questione aperta che si porrà il prossimo Seminario di Diotima.
E lo vogliamo veramente? Per le donne, storicamente discriminate a causa della differenza sessuale,
estromettere quest’ultima dalla sfera dell’umano può essere tentante, ma c’è un grande
rischio, che in definitiva rimanga solo il neutro-maschile, e che di conseguenza la strada
dell’autorealizzazione per le donne torni a essere quella dell’emancipazione o quella
dell’imitazionismo.
Insomma, cara Benedetta, la terra da lavorare è tanta, non calpestare quella già lavorata.
© 2014 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE
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