sabato 21 febbraio 2015

Commento al Vangelo Domenica 22 Febbraio



Mc 1, 12-15
«E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano .14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Gesù, dopo aver ricevuto il battesimo (Mc 1, 9-11) –durante il quale il Padre ha posto in lui tutto il suo compiacimento: «Tu sei il Figlio mio, l’amato» – viene subito “cacciato” (questo il senso letterale del verbo greco) nel deserto, per essere tentato. Da chi? Da Dio stesso.

Raggiunti dall’amore, dopo il momento della comunione eucaristica, dopo la preghiera risulta necessario immergerci nel nostro deserto quotidiano, fatto di relazioni, di incontri e di scontri.
Quello di chiudersi in un intimismo spirituale fine a se stesso, è un rischio che Gesù stesso ha corso. Egli si è invece fatto fratello di tutti i figli del Padre, uomini e donne ultimi, gli emarginati, i reietti della Società.
Ogni esperienza mistica di Dio se non si trasforma immediatamente in esperienza al di fuori di sé è autodistruttiva.

La realtà è quella che è. Dipende da come l’affrontiamo, come l’attraversiamo, cosa decidiamo dinanzi ad essa. Ecco, vivere significa semplicemente addentrarci nel deserto, attraversare la realtà e le tentazioni DECIDENDO come vivere ogni preciso istante: se nella modalità del dono, della cura, della benevolenza, della pazienza, della ricerca del bene dell’altro, oppure nella modalità del possesso, dell’interesse personale, del tornaconto immediato, dell’egoismo e della violenza.
Decidere significa etimologicamente tagliare, recidere, affermare fortemente da che parte stare. Certo che questo comporta anche una buona dose di sofferenza: tagliare non è mai un’operazione indolore. Ma occorre farlo: è l’unico modo per essere pienamente liberi. È libero solo chi è in grado di scegliere.

Il problema è che si decide sempre meno. Ci si astiene, forse per paura di soffrire, di far soffrire, di schierarsi da una parte sola e di recidere ciò che non va. La conseguenza è semplicemente vivere da rinunciatari, e quindi semplicemente non vivere o lasciarsi vivere. Trascinarsi, sempre meno liberi, salvo poi auto-ingannarsi dicendo che tutto va bene.
Se non c’è fatica, non c’è crescita.

Gesù stava con le bestie selvatiche: scegliendo di non cedere alle tentazioni, al potere, al successo, all’egoismo trasforma il proprio deserto quotidiano in una sorta di paradiso.
La nostra lotta interiore quindi, quanto optiamo per il bene, ci porta a riconciliarci con Dio, col creato tutto. Il messaggio del Vangelo può voler dire allora che non occorre più affannarsi alla ricerca di paradisi artificiali, o perdersi nell’attesa di un futuro migliore. Il tempo è compiuto (v. 15). Tutto è già dato e tutto è già possibile ora. La trasformazione del presente è possibile qui e in questo momento, nella misura in cui ci convertiamo, ovvero volgiamo la nostra vita alla possibilità del bene e credendo che questa modalità è anche l’unica in grado di poter gridare alla fine della nostra avventura umana: «È compiuto!»: sono diventato pienamente me stesso! 


Nessun commento:

Posta un commento