PADOVA. Un libro che non mancherà di far
discutere. Perché affronta argomenti "scottanti" come pedofilia e
celibato nella chiesa. Ma soprattutto perché scritto da uno dei protagonisti
della storia che alcuni anni fa sconvolse la piccola comunità di Monterosso,
vicino a Abano: don Sante Sguotti, il prete che si innamorò di una donna ed
ebbe un figlio. Per questo fu ridotto allo stato laicale.
Don Sante, fin dai primi anni di
seminario, si è sempre distinto per le sue posizioni critiche e ha così
intrapreso un percorso di smarcamento dalla «Chiesa delle ipocrisie»,
dimostrando nei fatti che un parroco con moglie e figlio può dedicarsi alla
vita pastorale con più intensità, passione, tempo, efficacia e maturità
spirituale di tantissimi suoi confratelli obbligati al celibato.
Nel suo primo libro, “Il mio amore non è
peccato” (Mondadori, 2007), l’autore ha messo nero su bianco la propria
esperienza di vita portando sotto i riflettori una battaglia personale che
continua ancora oggi. Il celibato obbligatorio per i prelati e la piaga della
pedofolia del clero sono due fenomeni indissolubilmente legati: «Perché
maltrattare i preti sposati e proteggere i preti pedofili? Questo è quello che
è stato fatto».
Don Sante ne è certo, e in queste pagine
esprime un punto di vista unico, cioè quello di un prete che, camminando a
fianco della sua gente, raccoglie le confidenze più inconfessabili e getta uno
sguardo molto realista sull’affettività-sessualità dei suoi confratelli. Alla
domanda «Chi è il prete pedofilo?», don Sante risponde: «Il miglior prete che
si possa immaginare».
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