martedì 3 febbraio 2015

Intervista a don Franco Barbero


Papa Francesco ha fatto un discorso molto forte contro le guerre al Sacrario di Redipuglia dove dice che "le guerre sono una follia" e che assistiamo ad una sorta di Terza Guerra mondiale. Che ne pensi di questo papa "pacifista"?

R. Molti papi hanno rilasciato dichiarazioni coraggiose contro la guerra e le guerre. Mi sembra che il pacifismo di papa Francesco non sconfini mai nella retorica: un elemento positivo e nuovo. In tempi in cui la politica non è solo liquida, ma è liquefatta, il suo messaggio risulta, a mio avviso, il più chiaro e il più efficace. Le istituzioni internazionali sono autoreferenziali e, tutto sommato, servono a tenere le guerre a bagno maria. Le grandi potenze continuano a perpetuare diktat che bloccano ogni reale processo di pace.
Mi domando spesso quale ricaduta abbia l'impegno di papa Francesco nelle comunità locali cattoliche. Piuttosto sonnolente.

Abbiamo scritto qualche mese fa sul nostro giornale che “Il papa è un testimonial eccezionale ma, nel deserto che stiamo attraversando, tutti rischiamo di abbandonarci alla tentazione del leaderismo esasperato, dalla quale il Vangelo ci mette in guardia in modo molto severo. La papolatrìa è sempre in agguato, e applaudire il papa è molto più facile che accoglierne il messaggio esigente”. Perché piace così tanto? Puoi commentare?

R. Condivido le vostre perplessità.
La papolatria sarà in agguato finché esisterà la struttura del pontificato romano. Aggiungerei che non è privo di contraddizione il fatto di sostenere le battaglie sociali di Francesco e nello stesso tempo picconare biblicamente la struttura del papato. A mio avviso, non bisogna eludere questa contraddizione, ma abitarla con consapevolezza.
Mi sembra che convergano più cause rispetto al fatto che "piace così tanto".
In una stagione in cui le "autorità" sono lontane, ambigue, verbaiole ed astratte, un po' di squisita umanità e di concretezza, un linguaggio popolare e alcuni caldi gesti corporei, creano empatia, vicinanza. Dopo un papa di ghiaccio, anche solo un raggio di sole è già un mezzo miracolo.
Mi interessa sottolineare come la semplicità di Francesco venga da molti percepita come la presenza di un Dio vicino ed accogliente: il che, dopo secoli di bruttificazione di Dio, non è proprio da buttare.
In più, i recenti fatti ci fanno constatare che papa Francesco non piace proprio a tutti. Nella curia romana si è creata, con la benedizione dell'antipapa, una schiera di oppositori che tentano di tessere una rete e di dar fiato a una opposizione diffusa nei media e nelle chiese locali.

Papa Francesco sembrerebbe voler cambiare la Chiesa. Ma nei suoi dogmatici e teologici principali pare che non si sia troppo mosso. E' così? Secondo te la curia romana è così potente da bloccare qualsiasi riforma significativa?

R. Certamente la curia romana costituisce un freno contro il rinnovamento. Ma, sui principali temi teologici e dogmatici, papa Francesco è già "frenato di suo". Sulla mariologia e sulla cristologia il papa non è ancora arrivato nemmeno alle dispute medioevali. Egli è fermo a Nicea, Efeso e Calcedonia.
Nella predicazione da Natale all'Epifania ci ha fornito un insuperabile saggio di esegesi fondamentalista, sia pure in una versione caldamente pastorale. Le questioni attinenti la struttura gerarchica e il ruolo delle donne nella chiesa restano fuori dal suo magistero e dal suo "pensiero". Sinceramente su questi terreni lo trovo assolutamente tradizionalista.

Le parole di Francesco sui temi sociali (lavoro, alimentazione, dignità umana) sono molto forti e denunciano le enormi responsabilità del neoliberismo selvaggio oggi imperante. Sull'altro fronte, quello dei diritti civili (ruolo delle famiglie, coppie omosessuali…) non si muove foglia. Tu che su questi temi hai incontrato gioie e sofferenze, come commenti?

R. Audace, coraggioso e incisivo sui temi della pace e della giustizia, quando arrivano i temi attinenti le famiglie e i diritti civili papa Francesco ripete, sia pure con i toni dell'accoglienza e della misericordia, la solita canzone tradizionale.
Un atteggiamento più aperto e rispettoso non basta a superare i nodi culturali e antropologici in cui la chiesa gerarchica si è imprigionata. A mio avviso, occorre avere il coraggio, rispetto alle donne e agli omosessuali (LGBTQ), di ritrattare certe posizioni, di riconoscere gli errori e compiere cambiamenti strutturali. Non vedo questa lucidità e questo coraggio in papa Francesco. Su questi terreni anche lui ha perso tutti i treni, antropologia, psicanalisi ed ermeneutica.

Tornando alle nostre modeste esperienze di base, secondo te, nel momento storico che stiamo vivendo, quali sono i nodi principali da affrontare e vivere per cercare di essere alla sequela di Gesù?

R. Nella nostra piccola storia di comunità cristiane di base abbiamo tentato di non separare la fede dall'impegno storico. Quando nel 1972 finii la prima redazione del libro "Una fede da reinventare", questa mi sembrò la sfida che ritengo ancora attuale.
Credo di essere un cristiano mistico per il quale la disciplina dell'agire politico e la disciplina della adorazione del mistero di Dio sono assolutamente inscindibili. Per me parlare di Dio è sempre un atto secondo che segue al parlare con Dio .
Le ricerche del pluralismo religioso, mi hanno progressivamente coinvolto nell'adorazione del mistero di Dio presente in tutte le arterie del creato e in tutte le tradizioni religiose. Contemporaneamente è cresciuto in me l'innamoramento per la persona, l'opera e il messaggio del Gesù storico.
Rispetto alla nostra esperienza, penso che stiamo uscendo dall'innamoramento di un modello, ma sento molto mancare un approccio biblico rigoroso, continuativo, "spirituale". La cosa è nota: sono un "fissato della Bibbia" del Primo e del Secondo Testamento e, non di meno, della cristologia transdogmatica. Non lavoro per una nuova dogmatica, ma per un autentico pluralismo nella formulazione della fede.

Sempre sulle colonne del nostro giornale la scrittrice Michela Murgia ci ha detto che, secondo lei, «… mai come in quest'ora storica di autosufficienza e di potenza tecnologica il mondo ha avuto bisogno del messaggio liberante e umanizzante di Cristo Gesù; confidare nell'ignoranza delle masse per indurle al fideismo attraverso le paraliturgie e le devozioni tradizionali significa abdicare al primo dovere ecclesiale, quello dell'annuncio e della sua testimonianza». Che ne pensi?

R. Condivido pienamente e qui constato un problema di enormi proporzioni. A mio avviso, tra il Gesù storico e la vulgata ufficiale si è creata una barriera: mi sembrano due "cose" diverse.
Per riscoprire il messaggio liberante ed umanizzante di Gesù di Nazareth occorre compiere una uscita dalla prigione dogmatica delle formule dei grandi Concili che, ripetute al giorno d'oggi, sono diventate incomprensibili e idolatriche. Certo, occorre liberarci di un arsenale di santi, madonne, medaglie miracolose, apparizioni, novene, esorcismi, statue vaganti, reliquie... Ma questa operazione non sarà possibile fino a quando, come scrive il teologo André Gounelle nel suo testo "Parlare di Cristo", nelle chiese cristiane, per essere accettati, sarà necessario parlare del Dio bambino, di Dio fatto uomo, della santissima trinità, della verginità perpetua di Maria, di Cristo vero Dio e vero uomo....
Si tratta di formule magiche che sono un passpartout per una pacificante concordanza con la tradizione, intesa in modo mummificato, senza fare i conti con la storicità dei linguaggi. Di centinaia di ricerche in questa direzione, nulla entra nella predicazione e nella catechesi.
Oggi un cristiano adulto, un animatore, un pastore, una teologa o un teologo possono fruire di una messe enorme e rigorosa di studi in cui sono rintracciabili queste ricerche. Penso agli studi di Adriana Destro, Elizabeth Johnson, Mauro Pesce, Kung Gounelle, Paolo De Benedetti, Lenaers, Salas, Norelli, Vigil, Pagola, Ortensio da Spinetoli, Gianotto, Molari...
Per la gerarchia si tratta di "ricerche personali", tutte attentamente sorvegliate e rimosse dal popolo di Dio.
Penso che se non si affrontano questi nodi della dogmatica cristologica, continueranno a prosperare paraliturgie, devozioni, apparizioni... Senza un rigoroso ritorno alle fonti storiche il messaggio liberante di Gesù non verrà alla luce. Troppi teologi e pastori tacciono dove bisognerebbe trovare il coraggio dell'annuncio.

Per concludere: quale è il volto di Dio che senti dentro di te e che cerchi di testimoniare?

R. Sento Dio, Lo adoro e Lo cerco, dentro e fuori di me, come la "benedizione", l'amore e la compagnia che non vengono mai meno. Dico senza pura di ripetermi e cerco di testimoniare semplicemente questo: ricordati, fratello e sorella, che tu non sei mai fuori dalla benedizione di Dio; puoi andare lontano, ma dal territorio della benedizione non puoi uscire mai perché tutto il creato sta nel Suo abbraccio.
L'immaginario che mi è più familiare è Dio come Sorgente, le cui acque non vengono meno; Dio come Soffio caldo, vitale e inesauribile, che mi spinge al bene. In ogni caso, trovo meravigliose le immagini di Dio presenti nei libro dei Salmi e mi dà grande gioia il sapere che nessun nome definisce Dio, che è Vicinissimo eppure sempre Altro...

Danilo Minisini – Tempi di Fraternità -  febbraio 2015 

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