Papa Francesco ha fatto un discorso molto forte contro le guerre al
Sacrario di Redipuglia dove dice che "le
guerre sono una follia" e che assistiamo ad una sorta di Terza Guerra
mondiale. Che ne pensi di questo papa "pacifista"?
R. Molti papi hanno rilasciato
dichiarazioni coraggiose contro la guerra e le guerre. Mi sembra che il
pacifismo di papa Francesco non sconfini mai nella retorica: un elemento
positivo e nuovo. In tempi in cui la politica non è solo liquida, ma è liquefatta,
il suo messaggio risulta, a mio avviso, il più chiaro e il più efficace. Le
istituzioni internazionali sono autoreferenziali e, tutto sommato, servono a
tenere le guerre a bagno maria. Le grandi potenze continuano a perpetuare
diktat che bloccano ogni reale processo di pace.
Mi domando spesso quale ricaduta
abbia l'impegno di papa Francesco nelle comunità locali cattoliche. Piuttosto
sonnolente.
Abbiamo scritto qualche mese fa sul nostro giornale che “Il papa è un testimonial eccezionale ma, nel
deserto che stiamo attraversando, tutti rischiamo di abbandonarci alla
tentazione del leaderismo esasperato, dalla quale il Vangelo ci mette in
guardia in modo molto severo. La papolatrìa è sempre in agguato, e applaudire
il papa è molto più facile che accoglierne il messaggio esigente”. Perché piace così tanto? Puoi commentare?
R. Condivido le vostre perplessità.
La papolatria sarà in agguato finché
esisterà la struttura del pontificato romano. Aggiungerei che non è privo di
contraddizione il fatto di sostenere le battaglie sociali di Francesco e nello
stesso tempo picconare biblicamente la struttura del papato. A mio avviso, non
bisogna eludere questa contraddizione, ma abitarla con consapevolezza.
Mi sembra che convergano più cause
rispetto al fatto che "piace così tanto".
In una stagione in cui le
"autorità" sono lontane, ambigue, verbaiole ed astratte, un po' di
squisita umanità e di concretezza, un linguaggio popolare e alcuni caldi gesti
corporei, creano empatia, vicinanza. Dopo un papa di ghiaccio, anche solo un
raggio di sole è già un mezzo miracolo.
Mi interessa sottolineare come la
semplicità di Francesco venga da molti percepita come la presenza di un Dio
vicino ed accogliente: il che, dopo secoli di bruttificazione di Dio, non è
proprio da buttare.
In più, i recenti fatti ci fanno
constatare che papa Francesco non piace proprio a tutti. Nella curia romana si
è creata, con la benedizione dell'antipapa, una schiera di oppositori che
tentano di tessere una rete e di dar fiato a una opposizione diffusa nei media
e nelle chiese locali.
Papa Francesco sembrerebbe voler cambiare la Chiesa. Ma nei suoi
dogmatici e teologici principali pare che non si sia troppo mosso. E' così?
Secondo te la curia romana è così potente da bloccare qualsiasi riforma significativa?
R. Certamente la curia romana
costituisce un freno contro il rinnovamento. Ma, sui principali temi teologici
e dogmatici, papa Francesco è già "frenato di suo". Sulla mariologia
e sulla cristologia il papa non è ancora arrivato nemmeno alle dispute
medioevali. Egli è fermo a Nicea, Efeso e Calcedonia.
Nella predicazione da Natale
all'Epifania ci ha fornito un insuperabile saggio di esegesi fondamentalista,
sia pure in una versione caldamente pastorale. Le questioni attinenti la
struttura gerarchica e il ruolo delle donne nella chiesa restano fuori dal suo
magistero e dal suo "pensiero". Sinceramente su questi terreni lo
trovo assolutamente tradizionalista.
Le parole di Francesco sui temi sociali (lavoro, alimentazione, dignità
umana) sono molto forti e denunciano le enormi responsabilità del neoliberismo
selvaggio oggi imperante. Sull'altro fronte, quello dei diritti civili (ruolo
delle famiglie, coppie omosessuali…) non si muove foglia. Tu che su questi temi
hai incontrato gioie e sofferenze, come commenti?
R. Audace, coraggioso e incisivo sui
temi della pace e della giustizia, quando arrivano i temi attinenti le famiglie
e i diritti civili papa Francesco ripete, sia pure con i toni dell'accoglienza
e della misericordia, la solita canzone tradizionale.
Un atteggiamento più aperto e rispettoso
non basta a superare i nodi culturali e antropologici in cui la chiesa
gerarchica si è imprigionata. A mio avviso, occorre avere il coraggio, rispetto
alle donne e agli omosessuali (LGBTQ), di ritrattare certe posizioni, di
riconoscere gli errori e compiere cambiamenti strutturali. Non vedo questa
lucidità e questo coraggio in papa Francesco. Su questi terreni anche lui ha
perso tutti i treni, antropologia, psicanalisi ed ermeneutica.
Tornando alle nostre modeste esperienze di base, secondo te, nel momento
storico che stiamo vivendo, quali sono i nodi principali da affrontare e vivere
per cercare di essere alla sequela di Gesù?
R. Nella nostra piccola storia di
comunità cristiane di base abbiamo tentato di non separare la fede dall'impegno
storico. Quando nel 1972 finii la prima redazione del libro "Una fede da
reinventare", questa mi sembrò la sfida che ritengo ancora attuale.
Credo di essere un cristiano mistico per
il quale la disciplina dell'agire politico e la disciplina della adorazione del
mistero di Dio sono assolutamente inscindibili. Per me parlare di Dio è sempre
un atto secondo che segue al parlare con Dio .
Le ricerche del pluralismo religioso, mi
hanno progressivamente coinvolto nell'adorazione del mistero di Dio presente in
tutte le arterie del creato e in tutte le tradizioni religiose.
Contemporaneamente è cresciuto in me l'innamoramento per la persona, l'opera e
il messaggio del Gesù storico.
Rispetto alla nostra esperienza, penso
che stiamo uscendo dall'innamoramento di un modello, ma sento molto mancare un
approccio biblico rigoroso, continuativo, "spirituale". La cosa è
nota: sono un "fissato della Bibbia" del Primo e del Secondo
Testamento e, non di meno, della cristologia transdogmatica. Non lavoro per una
nuova dogmatica, ma per un autentico pluralismo nella formulazione della fede.
Sempre sulle colonne del nostro giornale la scrittrice Michela Murgia ci
ha detto che, secondo lei, «… mai come in
quest'ora storica di autosufficienza e di potenza tecnologica il mondo ha avuto
bisogno del messaggio liberante e umanizzante di Cristo Gesù; confidare
nell'ignoranza delle masse per indurle al fideismo attraverso le paraliturgie e
le devozioni tradizionali significa abdicare al primo dovere ecclesiale, quello
dell'annuncio e della sua testimonianza». Che ne pensi?
R. Condivido pienamente e qui constato
un problema di enormi proporzioni. A mio avviso, tra il Gesù storico e la
vulgata ufficiale si è creata una barriera: mi sembrano due "cose"
diverse.
Per riscoprire il messaggio liberante ed
umanizzante di Gesù di Nazareth occorre compiere una uscita dalla prigione
dogmatica delle formule dei grandi Concili che, ripetute al giorno d'oggi, sono
diventate incomprensibili e idolatriche. Certo, occorre liberarci di un
arsenale di santi, madonne, medaglie miracolose, apparizioni, novene,
esorcismi, statue vaganti, reliquie... Ma questa operazione non sarà possibile
fino a quando, come scrive il teologo André Gounelle nel suo testo "Parlare di Cristo", nelle chiese
cristiane, per essere accettati, sarà necessario parlare del Dio bambino, di
Dio fatto uomo, della santissima trinità, della verginità perpetua di Maria, di
Cristo vero Dio e vero uomo....
Si tratta di formule magiche che sono un
passpartout per una pacificante concordanza con la tradizione, intesa in modo
mummificato, senza fare i conti con la storicità dei linguaggi. Di centinaia di
ricerche in questa direzione, nulla entra nella predicazione e nella catechesi.
Oggi un cristiano adulto, un animatore,
un pastore, una teologa o un teologo possono fruire di una messe enorme e
rigorosa di studi in cui sono rintracciabili queste ricerche. Penso agli studi
di Adriana Destro, Elizabeth Johnson, Mauro Pesce, Kung Gounelle, Paolo De
Benedetti, Lenaers, Salas, Norelli, Vigil, Pagola, Ortensio da Spinetoli,
Gianotto, Molari...
Per la gerarchia si tratta di
"ricerche personali", tutte attentamente sorvegliate e rimosse dal
popolo di Dio.
Penso che se non si affrontano questi
nodi della dogmatica cristologica, continueranno a prosperare paraliturgie,
devozioni, apparizioni... Senza un rigoroso ritorno alle fonti storiche il
messaggio liberante di Gesù non verrà alla luce. Troppi teologi e pastori
tacciono dove bisognerebbe trovare il coraggio dell'annuncio.
Per
concludere: quale è il volto di Dio che senti dentro di te e che cerchi di
testimoniare?
R. Sento Dio, Lo adoro e Lo cerco,
dentro e fuori di me, come la "benedizione", l'amore e la compagnia
che non vengono mai meno. Dico senza pura di ripetermi e cerco di testimoniare
semplicemente questo: ricordati, fratello e sorella, che tu non sei mai fuori
dalla benedizione di Dio; puoi andare lontano, ma dal territorio della
benedizione non puoi uscire mai perché tutto il creato sta nel Suo abbraccio.
L'immaginario che mi è più familiare è
Dio come Sorgente, le cui acque non vengono meno; Dio come Soffio caldo, vitale
e inesauribile, che mi spinge al bene. In ogni caso, trovo meravigliose le
immagini di Dio presenti nei libro dei Salmi e mi dà grande gioia il sapere che
nessun nome definisce Dio, che è Vicinissimo eppure sempre Altro...
Danilo
Minisini – Tempi di Fraternità - febbraio 2015
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