Marco 16, 15-20
In quel tempo, [Gesù
apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il
Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non
crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che
credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno
in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno;
imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro,
fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
La chiesa festeggia oggi
l’Ascensione al cielo di Gesù. L’episodio è raccontato nei vangeli di Marco e
di Luca mentre non ne accennano Matteo e Giovanni. Marco dice brevemente: Il Signore Gesù dunque, dopo
aver loro parlato, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio».
Luca scrive: «Poi li condusse fuori presso Betania; e levate in alto le mani li benedisse. E avvenne che mentre li benediva, si dipartì da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande allegrezza; e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio» (Lc 24, 46-53). Nel primo capitolo di Atti, Luca stesso ci dà una narrazione più dettagliata dell'ascensione di Gesù. “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo». (Atti 1, 1-11).
Luca scrive: «Poi li condusse fuori presso Betania; e levate in alto le mani li benedisse. E avvenne che mentre li benediva, si dipartì da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande allegrezza; e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio» (Lc 24, 46-53). Nel primo capitolo di Atti, Luca stesso ci dà una narrazione più dettagliata dell'ascensione di Gesù. “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo». (Atti 1, 1-11).
Paolo non si pone il problema di come Gesù sia entrato nel mondo
celeste ma ribadisce l’intronizzazione di Cristo alla destra del Padre. Matteo
(Mt 28, 16-20) non parla di ascensione, ma del commiato definitivo di Gesù
dai suoi.
Ho
pensato al significato dei racconti dei vangeli e degli altri scritti su quanto
accaduto dopo la morte e resurrezione di Gesù, sulle sue apparizioni, i discorsi di commiato, le raccomandazioni e
mi è sembrato che in qualche modo riflettessero le tappe percorse dai discepoli
nella gestione del lutto per la perdita improvvisa e violenta del maestro.
Il lutto è un processo psicologico, che dura solitamente molto a lungo
ed evolve attraverso varie fasi che sono state così descritte:
- fase di stordimento e di shock, incapacità di accettare la realtà della perdita;
- fase di struggimento: si ricerca la persona cara, si pensa continuamente a lei e la perdita sembra reversibile, come se il congiunto dovesse tornare da un momento all'altro;
- fase di depressione: viene raggiunta la consapevolezza della perdita e della sua irreversibilità. Compaiono sentimenti di tristezza, accompagnati da chiusura in se stessi e fatica a investire energie nelle relazioni sociali;
- fase di riorganizzazione: il soggetto in lutto accetta la perdita, inizia a riprendere contatto con la vita, a fare progetti per il futuro, a "reinvestire" energie all'esterno. La propria esistenza viene ridefinita e la vita sociale riprende (Bowlby J.: Attachment and Loss. Hogart, London, 1980).
Maria, le donne e i
discepoli che hanno seguito Gesù hanno attraversato queste fasi, inizialmente
sono rimasti chiusi, increduli e spaventati per l’accaduto, hanno dovuto
elaborare la perdita, soffrire in modo struggente la scomparsa del maestro ma,
contemporaneamente, lo hanno percepito presente come “risorto”. C’è stordimento, ci sono quelli che dubitano,
che non lo riconoscono “…sconvolti e atterriti, pensavano di vedere
un fantasma (Lc 24: 37)”, ma c’è anche la gioia delle donne che
lo hanno sentito subito vicino forse per la loro capacità di amare. L’amore
ti fa comprendere quello che è difficile capire con la mente, le donne per prime
hanno intuito che Gesù era vivo in Dio e sempre presente nella loro vita.
Luca dice che sono rimasti 40 giorni
appartati. 40 è un numero che nelle
scritture indica un tempo lungo, tutto il tempo necessario. Sicuramente in
questo periodo hanno rielaborato il messaggio di Gesù, forse hanno lentamente cominciato a capire il senso della salvezza e
del regno di Dio, a sentire vive le parole di Gesù nel loro vero
significato; questo processo viene così
descritto: “Egli si mostrò ad essi
vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni
e parlando del regno di Dio.(Atti 1,1-11)”; “..aprì loro la mente per capire le
Scritture (Lc 24, 45.)”.
Non potevano più esserci fraintendimenti,
Gesù era morto in croce perchè la sua predicazione aveva colpito il potere,
egli non aveva portato la sperata salvezza
di Israele in senso politico (“Noi
speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele” dicono i discepoli di
Emmaus) e pertanto proprio questa morte costringe i suoi a confrontarsi con il
vero senso della sua predicazione.
Le parole di Gesù ricordate, ripetute
insieme, ripensate cominciavano ad assumere un nuovo significato per i
discepoli, ad essere concretizzate nella loro vita: il regno è qui ed ora, è un
regno sostenuto dall’amore del Padre nel quale tutti sono uguali ed ugualmente
amati per sempre.
Barbaglio
dice che Gesù “si fece vedere” dai suoi dopo la morte e che ciò “non vuol dire propriamente né visione
sensibile con gli occhi, né propriamente visione interiore, bensì essere
sopraffatti da una presenza divina che si disvela: un esserci che è un
autodisvelarsi” (G. Barbaglio: Gesù
Ebreo di Galilea).
Quando a distanza di parecchi anni vengono
scritti i vangeli il ricordo di quel periodo di sofferenza, di emozioni, di
elaborazione, ma anche di gioia ed entusiasmo nel comprendere a pieno le parole
del maestro, è raccontato come un periodo di chiarificazione del messaggio da
parte di Gesù risorto e come un periodo in cui è avvenuta la sua
interiorizzazione da parte dei seguaci.
La descrizione dell’ascensione esprime in
qualche modo questa comprensione degli insegnamenti di Gesù, la convinzione di
saperlo unito al Padre, “seduto alla sua destra”, la volontà di affermare che
Gesù è vivo presso Dio e presso gli uomini, ma soprattutto il bisogno di
glorificarlo presentandolo come il Messia-Dio che non resta tra i morti.
Mi sembra quindi che la descrizione
dell’ascensione e del commiato esprima l’uscita dei discepoli dalla fase di
elaborazione del lutto, la presa di coscienza che adesso il cammino è nelle
loro mani, che vanno elaborati dei nuovi progetti di vita, che sta a loro
diffondere il pensiero di Gesù ideando le strategie necessarie. E’ così che nascono le prime comunità. Tutto
è lasciato alla loro iniziativa, e fino a quando sono uniti nel regno seguendo
la strada tracciata da Gesù lo spirito di Dio li sosterrà.
L’osservazione
dei messaggeri in vesti bianche “Uomini di Galilea, perché state a guardare
il cielo?” richiama a rimanere centrati sulla terra, perché qui, allora
come oggi, siamo chiamati a capire e
mettere in pratica il massaggio di Gesù.
Come i discepoli,
ognuno di noi ha bisogno prima di tutto di conoscere Gesù e fare sua “la buona
novella”. Abbiamo bisogno di capire che tutto viene da Dio ma che la scelta del
nostro cammino è nelle nostre mani, che siamo chiamati a metterci in gioco ogni
giorno per costruire il regno contribuendo a migliorare le condizioni
esistenziali degli uomini a cominciare dalle piccole cose quotidiane, evitando
di guardare verso il cielo con una “fede miracolistica” che ci solleva da ogni
responsabilità verso noi stessi e verso il prossimo.
Vilma
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