domenica 21 giugno 2015

Commento al vangelo



Mc 4, 35-41

«In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Il vangelo di Marco, che troviamo in forma allungata anche in Luca e Matteo, affronta un tema che amo particolarmente, quello del “cambiamento”.
E’ bello che Gesù voglia che passiamo all’altra riva, che non rimaniamo fermi sulle nostre posizioni, sulle cose che pensiamo di aver capito e acquisito. Guai ad una vita che si è seduta.
Fortunatamente, credo capiti a tutti, ci sono momenti in cui percepiamo di dover ancora fare qualcosa. Quando siamo soddisfatti del nostro lavoro, degli affetti e abbiamo raggiunto magari una età di mezzo, ecco che arriva la crisi, ci rendiamo conto che forse abbiamo ancora da scoprire molte cose.
Il grande rischio però è quello di non avere il coraggio di andare avanti.

All’altra riva c’è Cafàrnao, ci sono i Goyim (i pagani) e gli ebrei non hanno molta voglia di andarci, di lasciare la folla, l’abitudine ma soprattutto, essi hanno il terrore del mare. Per Israele esso è il segno di ogni male possibile, rappresenta tutto ciò che ci fa paura, la paura del cambiamento.
E noi? Non preferiamo forse ciò che conosciamo anche se non ci soddisfa pienamente ad un ipotetico miglioramento che ci spinge però al cambiamento? Quali sono le nostre paure? La malattia, la morte, la paura di non essere amati e tante altre.

Gesù ci spinge ad attraversare il lago, a superare la Paura, a scoprire un’altra dimensione di noi stessi, un altro modo di vedere le cose. Mi piace pensare che si tratti di una dimensione del cuore. Dio, a differenza dell’idea di staticità che spesso abbiamo di lui, è dinamismo, ci sprona a avanzare, sempre

E ci sono altre barche con noi. Non è una esperienza solitaria quella della fede.
Nella nostra Comunità non manca occasione di incontrare persone che dopo una vita in cui anno creduto di credere vogliano rimettersi in gioco, alla scoperta di una fede nuova, viva e consapevole.

E come accade nella vita, prima o poi a tutti, proprio quando siamo in mezzo al lago, si scatena la tempesta. E le nostre certezze crollano, si sgretolano. Magari abbiamo percorso un lungo cammino mettendo al centro della nostra vita proprio Dio ed ora abbiamo l'impressione di affondare, travolti dal dolore o dai nostri sbagli, malgrado tutti i nostri sforzi anche sinceri. E pensiamo di non essere all’altezza, ci siamo fidati troppo, ci pentiamo di esser saliti sulla barca, Dio c’è ma dorme, non gli importa che io muoia.
Non sono forse questi i pensieri che affollano la mente nei momenti di tempesta?

Pensiamo che una vita bella sia una vita senza complicazioni, in cui tutto vada liscio. Credo che una vita autentica debba avere il coraggio di fare delle traversate. Questo è possibile se ci fidiamo di Dio ma non di un Dio costruito a nostro piacere.
Non abbiamo bisogno di un Dio che ci allacci le scarpe ma capace (scusate il gioco di parole) di renderci capaci di governare la barca della nostra vita. Dobbiamo avere il coraggio di prenderlo così com’è, così come i discepoli “prendono Gesù così com’è.”

Nella parte finale del passo, Gesù sgrida il vento, intima alla tempesta di placarsi. Marco utilizza lo stesso verbo di quando il Rabbi scaccia i demoni, manda via il male. Anche in questo caso egli interviene per scacciare qualcosa che ci spaventa. L’evento è un evento di fede, Gesù con la sua forza porta la pace, la calma. Pone un argine, crea un momento di serenità attorno alla barca.

Momenti che dovremmo riuscire a ritagliarci, tempi di riflessione, di silenzio, per ascoltare, noi stessi, Dio. Magari lui ci parla e non lo sentiamo, immersi nel fracasso della vita.  

E chiediamoci, “Chi è dunque costui?” Chi è questo Dio che non ci risolve i problemi ma ci aiuta ad affrontarli? Non perdiamo ma rinvigoriamo la fiducia in questo Dio che ci ama, presente sulla barca insieme a noi, che non interviene perché vuole lasciare alla nostra dignità, alle nostre capacità, il compito di arrangiarsi nelle difficoltà della vita.

Chiudo con una riflessione che ho maturato negli ultimi tempi: l’atto di Amore più grade che Dio possa aver fatto verso l’uomo, è l’averlo dotato della capacità di attraversare il mare in tempesta.
 


Buona settimana. 
Mary

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