martedì 28 luglio 2015

Ave Mary, una riflessione


Il libro di Michela Murgia pone coraggiosamente l’accento sull’enorme responsabilità che la Chiesa ha avuto, nei secoli, nella costruzione di un modello di donna passiva e obbediente, che ancora oggi percepiamo con chiarezza nei commenti di tanti uomini (e, non di rado, donne) e nell’impostazione della nostra società. I capitoli sono molto densi e forniscono tantissimi spunti interessanti di riflessione. Complessivamente, la mia impressione è stata quella di trovarmi davanti ad una sintesi profonda e molto ben ragionata dei tanti luoghi comuni e dei molti giudizi pesanti che sono cuciti costantemente addosso alle donne. Il quadro non ci è nuovo ma riconsiderarlo nel suo insieme è decisamente sconfortante.

Ho riflettuto sulla figura di Maria (non mi trovo a mio agio con l’espressione “madonna”, troppo lontana da me), proposta dalla Chiesa come modello unico per le donne, e sulla rilettura che ne dà la Murgia; per l’autrice Maria, al contrario della creatura obbediente e silenziosa che la Chiesa presenta, era una donna anticonformista e libera di autodeterminarsi. La Murgia continua, quindi, a dare per scontata la verginità di Maria e l’autenticità dell’episodio dell’annunciazione; semplicemente, dà un’interpretazione diversa di questa figura, altrimenti modello troppo lontano e mortificante per le donne odierne.

La mia esperienza di fede è molto diversa da quella della maggioranza della gente, dato che sono praticamente nata dentro le comunità di base, per cui alcuni “dogmi” decisamente comuni per tutti per me non sono mai stati tali; uno di questi riguarda proprio la figura di Maria, che io non ho mai percepito come modello per la mia vita di donna e di persona. Allora, sono andata a rileggere i vangeli per vedere se davvero questa figura ha avuto, nella vita di Gesù, una rilevanza come quella che la Chiesa racconta e che la Murgia e esplicita molto bene nel suo libro.
Il risultato, però, è un po’ povero: nel vangelo di Marco non è mai citata, se non in un breve brano (che ricorre anche negli altri tre) in cui si dice che la madre di Gesù e i suoi fratelli lo cercavano per parlargli. Negli altri tre vangeli è citata in relazione alla nascita di Gesù, a dimostrazione di quanto lui fosse speciale, e Giovanni la cita anche nel brano in cui trasforma l’acqua in vino (qui è Maria che spinge Gesù ad agire). Inoltre, Giovanni è l’unico evangelista che ricorda la presenza di Maria insieme alle altre donne che assistettero alla morte di Gesù in croce.
Quello che mi ha sempre colpita, dunque, è l’assenza di Maria nella vita e nella predicazione di Gesù. Secondo la mia personale impressione, non sembra che abbia avuto una grande parte nelle scelte di vita del figlio, né che lo abbia seguito nella sua predicazione, come facevano tante altre donne. In sintesi, non ho mai capito per quale motivo dovrei poterla eventualmente considerare come modello. Inoltre, in tutti e quattro i vangeli si ripete più volte che Gesù aveva dei fratelli e delle sorelle: quindi, se anche si vuole intendere alla lettera l’episodio dell’annunciazione, dovremmo, però, arrivare alla conclusione che, dopo la nascita di Gesù, Maria ha avuto anche una serie di altri figli concepiti naturalmente. Perciò, a mio avviso, la lettura ecclesiastica che la vuole come madre vergine e, per questo, modello di purezza e moralità è una enorme forzatura, soprattutto innaturale e illogica. Infatti, gli evangelisti non hanno evidentemente colto nessuna contraddizione nel citare i fratelli e le sorelle di Gesù.
Al contrario, pur essendo donna, ho sempre considerato Gesù come il mio modello più naturale. In questo senso, sono consapevole di essere stata fortunata a poter leggere i vangeli senza i pesanti filtri ecclesiastici; infatti, questo mi ha consentito di sentire Gesù come un modello molto vicino a me e non come un dio lontano e irraggiungibile. Inoltre, a mio avviso, Gesù ha delle caratteristiche più “femminili” che “virili”, nel senso in cui si intende oggi il modello maschile per eccellenza, quello machista. È un Gesù che piange, che non ha paura di mostrare il suo amore per le persone (sia uomini che donne) come anche i suoi lati deboli e, soprattutto, che non giudica. Penso all’episodio dell’adultera che lui si rifiuta di giudicare e impedisce che venga lapidata; quante volte, al giorno d’oggi, si criticano le donne per i loro comportamenti o per la loro libertà di scegliere cosa fare della propria vita e del proprio corpo?
In conclusione, con tutto il rispetto per Maria, credo che il suo ruolo nell’ambito della fede sia stato ampiamente sopravvalutato e, invece, decisamente sottostimato quello delle discepole di Gesù, negando, così, alle donne (cattoliche) la possibilità di diventare predicatrici e pastore al pari dei maschi. Ma la battaglia non è, certo, persa finché ci saranno spazi aperti di discussione sull’argomento e credo che, prima o poi, qualcosa cambierà, come è nell’ordine naturale delle cose.    

Anna Cau   

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