GRAN rumore per il funerale di
Vittorio Casamonica. Ma sono scene che non dovrebbero sorprendere.
Stupore per cosa? Perché un boss viene celebrato come un re? Perché il rito del
funerale si trasforma in una oscena manifestazione di potere?
Non bisogna farsi illusioni. La
partecipazione di quella piccola folla nella periferia romana è stata sincera,
non è stata costretta né spinta dalla curiosità per la morte di una celebrità o
dalla voglia di partecipare a un evento. Si va ad omaggiare don Vittorio
Casamonica perché don Vittorio anzi Zio Vittorio ha saputo
"governare" il suo regno nascosto, è stato presente nelle vite di chi
lo va a salutare.
Le organizzazioni criminali sono
strutture serie in grado di organizzare il consenso, mantenere la parola,
distribuire ricchezze, intervenire nel momento in cui non solo gli affiliati ma
il proprio territorio ha necessità. Nel vuoto dello Stato esiste un anti-Stato
criminale che riesce a generare consenso tra la sua gente anche se il suo
"governo" vuol dire estorsioni, usura, droga, violenza. È un anti-Stato
in grado di portare soldi, e molti, ai capi ma anche diffusione di benessere e
controllo del territorio. È paradossale dirlo, ma è vero: se domani l'economia
criminale sparisse da questo Paese, il Paese ne avrebbe un contraccolpo non
solo economico ma organizzativo. La classe dirigente mafiosa in Italia ha una
sua terribile efficienza.
Ecco perché il funerale di un capo-clan
non è semplicemente una messa in scena, un'ostentazione kitsch di opulenza e
dominio. Tutt'altro: i Casamonica sono una mafia emergente, emergente non
perché sono dei novizi ma perché dopo decenni di crimine subalterno e
gangsteristico hanno cercato di strutturarsi in regole e gerarchie e hanno
quindi costruito una cultura ed un'economia mafiosa attorno al proprio sangue e
al proprio gruppo. L'ambiguità di criminali di piccolo cabotaggio ma tutto
sommato in grado di farsi ascoltare in borgata li ha resi interlocutori della
politica (la cena con Poletti e le foto con Alemanno) al punto da potersi
permettere di sedersi al tavolo stesso del Palazzo come borderline tra la
strada - il carcere e il (finto) impegno sociale. Quindi i
Casamonica come tutti i gruppo neo-mafiosi hanno bisogno come ossigeno di
queste celebrazioni. Anche la musica del Padrino è il riferimento più chiaro a
chi vuole in tutti modi mostrare che è uscito dal marciapiede e dai campi e si
è eletto a gruppo mafioso.
La chiesa di papa Francesco ha
scomunicato i mafiosi, ha spinto 'ndranghetisti in carcere a non presentarsi
alla messa temendo che il solo partecipare potesse significare agli occhi dei
vertici dell'organizzazione una dichiarazione di distanza dalle cosche. Ora la
chiesa di Francesco deve fare un nuovo passo: commissariare la chiesa di San
Giovanni Bosco. Non so se le regole vaticane prevedono misure simili, non so se
è il termine adatto, non mi riferisco al diritto canonico. Sarebbe però un
gesto in grado di interrompere il legame tra sacramenti religiosi e sacramenti
mafiosi. Il sacramento mafioso è l'utilizzo dei rituale religioso per avere
un'investitura pubblica, per trovare uno spazio legittimo per manifestare se
stessi e la propria forza e autorità. Don Peppino Diana ne fece la sua
battaglia: quella di impedire che battesimi, comunioni, cresime divenissero
occasioni di autocelebrazione criminale. Fu proprio questa sua scelta che lo
condannò a morte. Il parroco che ha celebrato il funerale di Vittorio
Casamonica, don Giancarlo Mattei, risponde nel più classico dei modi: "Non
sapevo chi fosse". E ha aggiunto: "Il perdono c'è per tutti. La
chiesa non discrimina, io l'assoluzione la do a tutti". Strano: la stessa
chiesa che ha spalancato le porte al clan Casamonica le ha chiuse invece a
Welby "colpevole" di aver scelto di lasciare una vita diventata per
lui insopportabile. Questa volta il sacerdote ha deciso invece di celebrare il
funerale. Bene. Ma avrebbe dovuto rifiutarsi di farlo quando si è trovato di
fronte ad un teatro del genere. La scomunica di papa Francesco non è contro
l'uomo, non si rivolge all'individuo. La scomunica non è all'assassino,
all'estorsore, all'affiliato, al sindaco corrotto, al giudice compromesso, al
boss, la scomunica è contro chi continua a sostenere l'organizzazione. La
scomunica è all'assassinio, all'estorsione, alla tangente, alla corruzione
quindi alla prassi mafiosa.
Ieri quel funerale è apparso come pura prassi mafiosa.
L'assoluzione che doveva andare all'uomo è stata estesa, di fatto, al suo
sistema di potere criminale. Roma è una città impreparata. La trasformazione è
accaduta raccontandosi la menzogna di essere territorio immune, semplicemente
"invaso" da rubagalline e bande. La stessa favola che vede piangere
miseria le donne dei Casamonica nella perfetta tradizione mafiosa, nella quale
i grandi capi risultavano essere dipendenti di fruttivendoli, si dichiaravano
semplici contadini con una giovinezza di rubamacchine. Roma ha sempre creduto
di essere estranea alle dinamiche mafiose. Del resto il suo gruppo più forte si
chiamava appunto "Banda della Magliana", banda è qualcosa di molto
diverso da una cosca mafiosa. Ma l'inchiesta su Mafia capitale ha obbligato la
città a un brusco risveglio. I funerali di giovedì sono una allarmante conferma
di cosa rischia di diventare la prima città d'Italia. Anzi di cosa è già: terra
di mafia.
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