Franz-Elmar Wilms, I miracoli nell‟Antico Testamento
Quando un libro è un gioiello: ecco come ci esprimiamo per fornire una valutazione riassuntiva di quest‟opera preziosa. L‟esegeta di mestiere la legge con utilità e piacevolezza; il lettore sinceramente desideroso di attrezzarsi per la lettura della Parola di
Dio ne trae enorme profitto. Viene qui rigorosamente documentato lo „spostamento‟ avvenuto in questi ultimi 50-60 anni negli studi biblici per quanto riguarda il miracolo: non si tratta più di considerarlo come „prova della potenza di Dio‟, ma soprattutto come „segno‟ che rimanda a Dio. Per il giudizio sui segni non è decisivo che cosa essi comunicano; è importante piuttosto a chi rimandano (pag. 33). Non si tratta di aggrapparci al miracolo per il valore apologetico. I racconti di miracolo vogliono piuttosto ingenerare nel credente una „conversione‟, una decisione di cambiamento della propria vita. Il miracolo è un „segnale‟ che fornisce alcune tracce dell‟amore invitante di Dio. I racconti di miracolo, che vanno accuratamente distinti dal miracolo, sono testimonianze di fede. “Degli uomini formularono, in essi, l‟esperienza del divino che era loro toccata” (pag. 7).
La conoscenza delle strutture e dei generi letterari in cui i racconti di miracoli ci sono giunti, una adeguata ricerca sulla situazione da cui tali racconti ci provengono e una diligente investigazione sui „portatori della tradizione‟ permettono poi, con grande probabilità, di individuare con una certa precisione l‟intenzione e i significati di tali pagine bibliche.
Il lettore appassionato e rigoroso apprezzerà tanto la prima parte del volume (costituita da una meticolosa indagine sui vocaboli) quanto la seconda, nella quale l‟Autore, con semplicità e chiarezza difficilmente sperabili, rilegge i racconti di miracolo più significativi del Vecchio Testamento e li accosta a quelli del Nuovo Testamento.
La conoscenza delle strutture e dei generi letterari in cui i racconti di miracoli ci sono giunti, una adeguata ricerca sulla situazione da cui tali racconti ci provengono e una diligente investigazione sui „portatori della tradizione‟ permettono poi, con grande probabilità, di individuare con una certa precisione l‟intenzione e i significati di tali pagine bibliche.
Il lettore appassionato e rigoroso apprezzerà tanto la prima parte del volume (costituita da una meticolosa indagine sui vocaboli) quanto la seconda, nella quale l‟Autore, con semplicità e chiarezza difficilmente sperabili, rilegge i racconti di miracolo più significativi del Vecchio Testamento e li accosta a quelli del Nuovo Testamento.
Inutile sottolineare che tale accostamento costituisce un metodo di assoluta necessità per la comprensione dei racconti miracolosi degli evangeli.
Il lettore della Bibbia, dunque, ha davanti a sé i racconti dei miracoli, mai il miracolo stesso. In questi testi hanno la parola uomini che hanno cercato la maniera più viva ed efficace per farci giungere la loro testimonianza di fede e l‟appello che Dio ci rivolge oggi. “Il nostro impegno quindi non si rivolge al problema: che cosa è allora accaduto? Noi cerchiamo di conoscere a fondo ciò che gli autori dell‟Antico Testamento vogliono dirci con i loro racconti e come noi possiamo oggi viverne da credenti” (pag. 149). Guai se ci capitasse di leggere i racconti di miracolo (del Vecchio e del Nuovo Testamento) come „storia‟ nel senso moderno. Essi sono parola e racconto che „funzionano‟ e significano solo da credente a credente. Sono racconti „costruiti‟ per farci ricordare l‟amore di Dio che viene da lontano ed è presente ancora oggi: hanno un carattere di richiamo, di memoria, di invito: “Il racconto miracoloso è un‟impegnata attestazione di fede la quale vuole provocare”. (pag. 345). Chi si trova davanti ai segni resta libero; può tenerne conto oppure trascurarli. Ma si può anche aggiungere che la fede dei singoli credenti conosce cammini diversi e sensibilità legittimamente diversificate. “Miracoli e segni possono non essere ugualmente accessibili a ciascuno. Il carattere di appello del segno non coglie in modo uguale ogni uomo, nella sua concreta situazione esistenziale. Dove l‟uomo si sente personalmente toccato, un altro non sente di esserlo” (pag. 316). Ciò viene detto non certo per trascurare il messaggio che ci viene dai racconti di miracoli, ma per evidenziare come Dio ci „chiama‟ per strade diverse e uno stesso racconto può parlare ad una persona in maniera diversa in tempi successivi.
Raccomandiamo ai lettori queste pagine. Esse sono comunque indispensabili per catechisti, animatori di comunità, presbiteri. La lettura non è difficile, ma richiede un serio impegno.
In libreria per Dehoniane ed., Bologna, 1985
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