mercoledì 25 marzo 2020

Donne credenti: Ora basta!

Siamo donne credenti. Viviamo con passione la sequela di Gesù di Nazaret in molti gruppi, parrocchie, organizzazioni, movimenti ecclesiali e congregazioni. Siamo impegnate con la causa di Gesù e lottiamo per il rinnovamento della Chiesa e la trasformazione sociale nella prospettiva delle donne. Alziamo la voce perché viviamo una profonda discriminazione nella Chiesa ed è giunto il momento di dire "Ora basta!" Non possiamo né vogliamo rimanere in silenzio. Siamo stanche delle incongruenze e dell'autoritarismo che percepiamo quotidianamente, e per questo: 
Vogliamo denunciare le molteplici forme di ingiustizia e invisibilità di cui soffriamo nella Chiesa. L'istituzione, con la sua struttura e organizzazione, sta rimanendo ai margine delle conquiste sociali in termini di uguaglianza e corresponsabilità e sta commettendo un errore. Il clericalismo è la causa di molti mali: ad esempio, la dolorosa violenza esercitata su donne, religiose e laiche, così come altre intollerabili forme di violenza. Denunciamo la codardia nell‟affrontare cambiamenti nell'organizzazione della Chiesa, di fronte a segni dei tempi che già per se stessi gridano; e la chiusura di fronte alla necessità di un cambiamento essenziale: l'accesso al diaconato e al presbiterato femminile per servire le comunità cristiane. Denunciamo la sproporzione tra il numero di teologhe preparate e i posti che occupano come insegnanti nelle facoltà di teologia e in altri ruoli di responsabilità. L'istituzione mette all‟angolo, disprezza e mette a tacere le donne che la sostengono; l'egemonia maschile è legittimata e perpetuata senza alcuna autocritica. 
Vogliamo rendere visibile il nostro lavoro instancabile e gratuito. Noi donne siamo la stragrande maggioranza nel volontariato, nelle celebrazioni religiose, nella catechesi, nella pastorale, nell'azione sociale in favore delle persone più impoverite, nei movimenti ecclesiali, nell'insegnamento, nella vita religiosa... Siamo le mani e il cuore della Chiesa, ma ci viene negata la parola, di avere voce e voto, la possibilità di decidere e la leadership in ambiti opportuni, come è stato dimostrato, ancora una volta, nel Sinodo dell'Amazzonia. Abbiamo più che dimostrato che sviluppiamo il nostro lavoro, anche volontario, con creatività e responsabilità. Ma, di solito, ci vengono offerti solo compiti che alleggeriscono il lavoro degli uomini, mantenendo, loro, la responsabilità ultima. Esiste una chiara sproporzione tra ciò che diamo alla Chiesa e ciò che riceviamo, perché la mentalità patriarcale e feudale, insieme a una teologia obsoleta, giustificano tale sproporzione. Cosa accadrebbe alla Chiesa e alle chiese se smettessimo di fare tutti questi lavori, perché siamo stanche dell'invisibilità e dell'ingiustizia? Lavoriamo nella Chiesa perché è la nostra comunità di riferimento per vivere il Vangelo. Continueremo a farlo finché non recupereremo la comunità di eguali trasmessaci da Gesù. Lavoriamo per una Chiesa sinodale che riconosca la piena ministerialità delle donne. Anni fa abbiamo aperto una breccia nel muro che ci impediva l‟accesso agli studi di teologia. Non ci fermeremo fino a quando non verrà riconosciuta e apprezzata la ricchezza della teologia femminista come motore di cambiamento; fino a quando il linguaggio patriarcale e sessista non sarà eliminato dalle omelie, dai testi liturgici e dai documenti; fino a quando la morale sessuale della Chiesa non sarà pregna di tenerezza e misericordia e cesserà di incolpare le donne. 

Continueremo a lavorare con impegno affinché la Chiesa possa dialogare con i movimenti di liberazione delle donne e riconoscere la diversità delle famiglie, delle identità e dell'orientamento sessuale. Lavoriamo duro affinché la Chiesa denunci il sistema economico neoliberista che impedisce alle persone di avere condizioni di vita coerenti con la nostra dignità, perché questo sistema depreda la terra, incoraggia la femminilizzazione della povertà e favorisce il lavoro e lo sfruttamento sessuale delle donne. Lavoriamo e lavoreremo per recuperare una Chiesa in cui le donne siano riconosciute come soggetti a pieno titolo, con voce e voto ovunque e apprezzate per i talenti e i carismi. Non siamo sole. Facciamo parte di una rete che cresce ogni giorno e si intreccia con donne delle Chiese d'Europa e del mondo che hanno già detto "Ora basta!" e alzano la loro voce, come Maria 2.0 o il movimento internazionale di Voices of faith, perché l‟uguaglianza diventi costume nella Chiesa. E abbiamo raccolto la testimonianza della Buona Novella portata da Gesù: ha trasgredito le norme di una società profondamente patriarcale e ha dialogato con le donne a tu per tu, trattandole come uguali e discepole. Ci sono state le testimonianze Maria di Nazaret, Maria Maddalena, Marta e Maria, Giovanna di Cusa, Susanna, la diaconessa Febe, Giunia e molte altre che nella storia hanno lottato per la nostra dignità e per il riconoscimento di tutti i nostri diritti. Molte hanno pagato questa lotta con persecuzioni, maltrattamenti e con la vita. Hildegarda di Bingen, Chiara di Assisi, Caterina da Siena, Le Beghine, Teresa di Gesù, Mary Ward e Dorothy Stang, tra le altre, ci hanno fatto strada. 

Nel 2000 abbiamo celebrato il Giubileo delle donne, manifestando davanti alla cattedrale di Madrid. Oggi, 20 anni dopo, facciamo un altro passo: ci siamo organizzate per esprimere la nostra Rivolta nella Chiesa, attraverso la musica, la riflessione, il silenzio, la preghiera, la danza... Leggeremo un manifesto. Saremo tutt‟uno con le compagne che faranno il loro gesto di denuncia e in molti altri luoghi dello Stato e del mondo. Ti e vi incoraggiamo, a accompagnarci domenica 1 marzo. Ci ritroveremo a Madrid, alle 12, per condividere questa iniziativa con altre donne e gruppi anche non credenti, perché si solidarizzi con questa causa. Se desideri essere presente, fai ciò che è in tuo potere perché nella Chiesa l'uguaglianza diventi la norma. 

Donne credenti spagnole 12/02/20 (tratto da Ludovica Eugenio, “Adista Documenti” n.7 del 22/02/20) 

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