Giovanni 20, 19-23
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Comprendere i significati che si possono trarre dall'ascolto o lettura di questo brano è un percorso che ognuno di coloro che vi si accosta, deve essere pronto a intraprendere, se si vuole entrare in contatto con i significati ritrovabili in questa narrazione.
Non è inutile rammentare, ancora una volta, che il testo di questo vangelo è stato composto nella parte terminale del primo secolo d.c. quindi è una riflessione che all'interno di una comunità si portava avanti a partire dalla memoria delle vicende occorse al predicatore Gesù.
L'attestazione testuale ci restituisce la situazione di una comunità paleocristiana, perseguitata, timorosa, che celebra i suoi incontri nel chiuso di un ambiente per proteggersi dall'esterno, ambiente nel quale gli insegnamenti cristiani non sono accettati nè dalle moltitudini nè dalle autorità.
Quindi esiste un problema grosso, non irrilevante, su come dare testimonianza degli insegnamenti di un Maestro affascinante ma perdente agli occhi della vita comune.
Questo interrogativo non può che esser stato risolto con la coscienza che Cristo era presente nel cenacolo.
Nel momento in cui i discepoli rinnovano la memoria dell'incontro comunitario, lì si rinnova la forza, la coesione del gruppo di coloro sui quali si è riversata la fascinazione del nazareno.
La descrizione dell'evangelista è immaginifica per dare credibilità e attrattiva verso le persone del tempo, verso la loro mentalità e formazione.
Noi oggi ogni volta che ci accostiamo ai testi evangelici e giovannei in particolare dobbiamo accettare di esser spinti a una ricerca di senso ulteriore.
Cosa possiamo capire oggi: il ritrovo degli amici di Gesù fa sì che si rinnovi la sua presenza, una presenza totalmente interna. Il cenacolo è chiuso eppure proprio Gesù diventa presente, portato dalla convinzione e dalla speranza di quel nucleo di amici.
Su questo nucleo semantico si potranno costituire in seguito i dogmi e le costruzioni teologiche funzionali al potere clericale, ma io propongo di considerare l'importanza dell'essere insieme da parte dei discepoli per trovare la forza di uscire poi dal cenacolo.
È chiaro, poi, che occorre mantenere un equilibrio: risulta erroneo, fonte di deviazione, ritenere che sia fondata nell'insegnamento del nazareno la tesi della remissione dei peccati e dei privilegi clericali che di questa remissione si fa mediatore.
Io propongo di fermarci a riflettere sull'energia che passa ai discepoli e che li fa aver voglia di uscire allo scoperto per diffondere l'insegnamento del Cristo.
Non è inutile rammentare, ancora una volta, che il testo di questo vangelo è stato composto nella parte terminale del primo secolo d.c. quindi è una riflessione che all'interno di una comunità si portava avanti a partire dalla memoria delle vicende occorse al predicatore Gesù.
L'attestazione testuale ci restituisce la situazione di una comunità paleocristiana, perseguitata, timorosa, che celebra i suoi incontri nel chiuso di un ambiente per proteggersi dall'esterno, ambiente nel quale gli insegnamenti cristiani non sono accettati nè dalle moltitudini nè dalle autorità.
Quindi esiste un problema grosso, non irrilevante, su come dare testimonianza degli insegnamenti di un Maestro affascinante ma perdente agli occhi della vita comune.
Questo interrogativo non può che esser stato risolto con la coscienza che Cristo era presente nel cenacolo.
Nel momento in cui i discepoli rinnovano la memoria dell'incontro comunitario, lì si rinnova la forza, la coesione del gruppo di coloro sui quali si è riversata la fascinazione del nazareno.
La descrizione dell'evangelista è immaginifica per dare credibilità e attrattiva verso le persone del tempo, verso la loro mentalità e formazione.
Noi oggi ogni volta che ci accostiamo ai testi evangelici e giovannei in particolare dobbiamo accettare di esser spinti a una ricerca di senso ulteriore.
Cosa possiamo capire oggi: il ritrovo degli amici di Gesù fa sì che si rinnovi la sua presenza, una presenza totalmente interna. Il cenacolo è chiuso eppure proprio Gesù diventa presente, portato dalla convinzione e dalla speranza di quel nucleo di amici.
Su questo nucleo semantico si potranno costituire in seguito i dogmi e le costruzioni teologiche funzionali al potere clericale, ma io propongo di considerare l'importanza dell'essere insieme da parte dei discepoli per trovare la forza di uscire poi dal cenacolo.
È chiaro, poi, che occorre mantenere un equilibrio: risulta erroneo, fonte di deviazione, ritenere che sia fondata nell'insegnamento del nazareno la tesi della remissione dei peccati e dei privilegi clericali che di questa remissione si fa mediatore.
Io propongo di fermarci a riflettere sull'energia che passa ai discepoli e che li fa aver voglia di uscire allo scoperto per diffondere l'insegnamento del Cristo.
Valter Primo
Nessun commento:
Posta un commento