mercoledì 11 novembre 2020

Una chiesa devastata da Wojtyla

Una chiesa devastata da Wojtyla: in Polonia il governo chiama l’esercito “Difendete la chiesa”

Qualcosa, nell’incredibile determinazione di Jaroslaw Kaczynski, il padre padrone della Polonia, deve aver vacillato, quando, ieri mattina, le deputate dell’opposizione l’hanno circondato, brandendo i cartelli “aborto legale”. Indossavano le mascherine con il simbolo della protesta delle donne che da sei giorni infiamma il Paese, un fulmine rosso in campo nero, definito pochi secondi prima dal vicepresidente della Camera un “simbolo delle SS. Chè tanto gli estremisti si assomigliano tutti”. Gli estremisti sarebbero le donne che si oppongono alla Corte Costituzionale, controllata dal governo, che una settimana fa ha deciso che l’aborto in caso di gravi malformazioni del feto, ovvero il 98% delle interruzioni di gravidanza nella cattolica Polonia, è illegale.

Protetto dal.cordone di guardie chiamate a proteggerlo, Kaczynski, leader del PIS, il partito al potere, e da un mese anche vice premier con delega alla difesa, era spettinato, lo sguardo smarrito. È stato forse in quell’istante che ha capito che le proteste gli stavano fuggendo di mano. La rivolta, che sperava fosse un “fenomeno marginale”, è diventata un movimento nazionale e trasversale che ora rischia di far vacillare il governo. Da una settimana in 160 città del Paese, da Varsavia ai piccoli paesini delle campagne, le donne organizzano sit-in, marce, manifestazioni e veglie. Avevano iniziato da sole, cantando all’unisono “Bella Ciao” e “Run the World (Girls)” di Beyoncè, bloccando il traffico con caroselli di passeggini e, domenica, interrompendo le messe nelle chiese, per ribadire che, spiegano le organizzatrici, “sul corpo delle donne non decide né il governo né la Chiesa”. Ma ormai il fulmine rosso compare dappertutto, perfino sui dolci della famosa catena di pasticcerie Lukullus, sui volti degli studenti, disegnato con i gessetti sui marciapiedi. Domenica i contadini delle aree rurali, roccaforte elettorale del Pis, si erano uniti ai cortei: a Nowy Dwòr Gdanski una fila di trattori ha sfilato davanti alle manifestanti. A loro si sono poi aggiunti i minatori, i taxisti, decine di medici e anche alcuni poliziotti, che hanno abbandonato gli scudi e si sono uniti ai cortei. La rivolta non riguarda più solo la libertà di abortire, ma la libertà e i diritti del Paese. La protesta, che ormai ha travalicato i confini nazionali, ha raccolto adesioni dalle donne in vari Paesi europei e artiste come Miley Cirus e Dua Lipa hanno condiviso le ragioni delle donne polacche.

Come se non bastasse, un altro motivo di preoccupazione per Kaczynski arriva da Google: in Polonia la parola più cercata, resta “Apostazja”, apostasia. Un colpo non indifferente ai vescovi da sempre sostenitori e ispiratori del governo.

E come gli animali che si sentono in pericolo, Kaczynski ha risposto con la rabbia: “Ogni forma di repressione di queste proteste è giustificata – ha detto in un discorso alla Nazione. Dobbiamo proteggere le chiese, che per la prima volta nella Storia della Polonia sono attaccate. Scendete in piazza contro chi vuole distruggerci”. Il premier Morawiecki è stato ancora più esplicito: “Risponderemo duramente a questi atti barbari”, ha detto, chiedendo l’aiuto dell’esercito.

“Non ci fate paura con l’esercito per le strade”, Marta Lempart, dell’organizzazione Women’s stile, nota per le proteste in difesa del diritto all’aborto già dal 2016, quando organizzò la marcia del “Lunedì nero”, ora esorta tutte le donne polacche a resistere e, oggi, a scioperare. “La nostra in fondo è una lotta per la libertà, il diritto all’aborto è diventato il simbolo dei diritti – ha detto. Vogliamo una Polonia per tutti, dove valga l’uguaglianza dei diritti”.

(da Monica Perosino, La Stampa, 28 ottobre 2020)

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