giovedì 27 maggio 2021

Una pagina straordinariamente attuale

La domanda decisiva: si è disposti a interpretare i dogmi della propria chiesa (ogni chiesa ha i suoi!) alla luce della esegesi critica, e non viceversa? O si fa improvvisamente appello, ad esempio, ai «limiti» del metodo storico-critico quando si entra in conflitto con la dottrina ecclesiale stabilita (cattolica, ortodossa o protestante)? 

Non si può ignorare che nella teologia evangelica - per quanto riguarda, ad esempio, il peccato originale, l'inferno e il diavolo, ma anche la cristologia e la Trinità - un biblicismo e un dogmatismo astorici e inclini al compromesso dominano il campo più di quanto il proclamato progressismo non voglia ammettere. Bultmann viene lodato, ma di fatto altrettanto ignorato quanto Harnack; si esalta la sua interpretazione esistenziale e si reprime la sua demitizzazione. Nella teologia cattolica, a sua volta, si ammette solo malvolentieri che determinate asserzioni del concilio di Trento, ad esempio sui sacramenti, o persino del Vaticano I, sull'infallibilità del papa e dei concili, non possono venire suffragate dal Nuovo Testamento e dalla storia della Chiesa antica. Per paura della risorta inquisizione romana (J. Ratzinger) si osa presentare, nel migliore dei casi, delle curiose pseudo- soluzioni (un’infallibilità «moderata» o «fallibile»); viviamo in una «Chiesa invernale», disse poco prima della sua morte lo stesso Karl Rahner. 

Non di rado proprio là dove non si parte per principio, in dogmatica, dall'alto è dato osservare un tipico salto nel modo di procedere: un dogmatico cattolico o evangelico, equipaggiato esegeticamente, incomincia a salire, un passo dietro l'altro la montagna, arriva però poi a un punto in cui non sembra più possibile proseguire il cammino della conoscenza teologica, ma improvvisamente il nostro teologo si trova, come trasportato da un aereo, sulla «vetta» e di là parla del Dio trinitario e dei suoi «misteri» come se nel frattempo avesse, per così dire, visto il cielo dall'interno. In questo modo non si ignorano certo più i risultati della critica storica, ma li si trascura dal punto di vista speculativo, invece di accogliere la provocazione dell'esegesi e della storia dei dogmi e di modificare la propria teologia - anche in relazione ai ricordati grandi dogmi. 

(tratto da Hans Kung, Teologia in cammino, Mondadori 1987, p. 219) 

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