sabato 28 maggio 2022

Commento vangelo domenica 29 maggio

Luca 24, 46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

Questo brano racchiude al suo interno il nocciolo del Cristianesimo, intendendo con questa espressione la necessità di comprenderne davvero la portata.

L’evangelista raccoglie in poche parole enormi significati:

la figura di Gesù che si allontana, che sale al cielo, lasciando la memoria della sua esistenza terrena è proprio quella dimensione che ancora oggi ci spinge a rinnovarne memoria al fine di attuarne l’insegnamento.

È interessante notare come fin dai tempi paleocristiani, le comunità abbiano cercato di mantenere memoria del maestro unendo il racconto della sua Passione e Morte all’evento resurrezionale e ascensionale.

Ciò è quanto dovrebbero sapere fare anche i seguaci del nazareno odierni.

Il fatto che l’evangelista insista su un evento che va verso l’alto, deve farci pensare che anche noi non possiamo accontentarci di contemplare o ascoltare, più o meno distrattamente, letture che raccontano un evento lontano.

Dovremmo invece cercare nell’ascolto, nella lettura proposta uno stimolo per noi ascensionale, un elemento che ci permetta di non rimanere gravati dalla nostra esperienza di vita.

Soprattutto perché, per quanto difficile, complessa, la nostra parabola esistenziale è di gran lunga più ricca che quella dei discepoli, degli apostoli che hanno dovuto interpretare subito l’apparente sconfitta del Maestro, prima di pervenire a un orizzonte di Resurrezione prima e di Ascensione poi.

Questi sono passaggi molto collegati. impossibili da isolare come dati a sé stanti.

Non so con precisione quanto potrà risultare ortodosso ciò che dirò, ma credo che se ci accontentassimo di leggere e riflettere sulle pagine che narrano questi eventi, finiremmo per sterilizzarne la portata.

Resurrezione e Ascensione diventando un mito, una favoletta edificante perderebbero valore, non costituirebbero il centro e l’apice della vicenda cristiana.

Resurrezione e Ascensione devono sapere diventare orizzonte di liberazione per un’esistenza davvero cristiana, e questa non può davvero evitare di essere materia collettiva, di popolo per usare una categoria forse abusata, ma proprio per ciò meglio intuibile.               


Valter Primo

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